Wallas Gustav

Wallas Gustav

L’aéronef 2017 olio su tela 130 x 162 cm

Gustav Wallas, una ricerca spirituale

Il percorso dell’artista francese Yannick Manier, alias Gustav Wallas, è caratterizzato da una ricerca spirituale con un approccio multidisciplinare e dal desiderio di dare corpo alla mitologia di una cultura alternativa in opposizione alle ideologie e ai principi della civiltà occidentale. La radicalità di una delle sue prime scelte è documentata dal cortometraggio Coral Tomb, 8 minutes 5 seconds, girato nel settembre 2008 da Robert Cluesman nei pressi di Pigalle, utilizzando le ambientazioni surreali del Cabaret Mme Arthur e lo spazio urbano della strada attigua attraversata dalle luci artificiali dell’illuminazione notturna. Interpretando il proprio personaggio, almeno com’era allora: un rocker vestito di pelle che ha come ragion d’essere la chitarra elettrica, Gustav Wallas incarna l’artista maledetto che soffre la derisione e l’emarginazione sociale. Canta ma la sua voce, distorta e trasformata in rumore, è resa impercettibile da una specie di schermo invisibile che si inserisce tra lui e lo spettatore. Le sue incomprensibili parole restano senza effetto, mentre brevi scene del diavolo trionfante, figura mitica del male, si alternano alle immagini reali dell’esplosione della bomba atomica e della sua devastante esplosione. La scena finale mostra l’artista sul rogo, bruciato come vittima sacrificale. Sullo sfondo il tema del pacifismo, soppiantato dalla messa in discussione del ruolo dell’artista nella società contemporanea e dall’ipocrisia che rende impercettibile la sua voce.

Gustav Wallas era appassionato di regate veliche e del mondo delle regate nautiche. Frequentava le discoteche e voleva fare il musicista prima di vivere episodi drammatici, rimasti oscuri, che lo spinsero a rinunciare a tutto. Ha poi bruciato le sue tele firmate Yannick Manier e ha deciso di rinascere a nuova vita. Alla ricerca di se stesso e di una dimensione altamente spirituale dell’esistenza umana, si recò in Nepal e soggiornò a lungo in un monastero in Tibet. Lì scoprì la bellezza degli affreschi di Tsaparang che descrivono le azioni della dea Tara, personificazione della Grande Saggezza che protegge dai pericoli e dai pericoli spirituali durante l’attraversamento dell’oceano dell’esistenza. Fu iniziato all’insegnamento del maestro Guru Rinpoche, cioè del monaco Padmasambhava che fondò il Buddismo tantrico nell’VIII secolo, secondo il quale la sola meditazione permette l’elevazione verso il Dharmakāya, l’intelligenza superiore o autocoscienza come liberazione grazie a la visione nuda dello spirito in quanto tale, slegato dalla materia e dalle esperienze già vissute. Fece diversi viaggi in Asia e moltiplicò i suoi contatti con le culture orientali. Studiò l’induismo, il buddismo indo-tibetano, lo yoga, la Kabbalah ebraica, le dottrine esoteriche, il pensiero cinese, ma anche la mitologia celtica e le utopie immaginarie della cibernetica. Ed è senza dubbio affascinato dal mondo virtuale dei videogiochi e dai film sulla conquista dello spazio intergalattico. Ha scelto gradualmente di praticare una trasversalità spirituale, libera e autonoma, aderendo a un approccio sincretico che si discosta dalla versione occidentalizzata del buddismo. Piuttosto che il Dalai Lama, divenuto maestro di una cosiddetta “arte della felicità” celebrata in Occidente dalle vittime della durezza del mondo postindustriale, Gustav Wallas preferisce riferirsi a Dorje Phagmo, la divinità buddista della Tantrismo come spiritualità naturale il cui obiettivo è l’emancipazione e la libertà. Di fronte all’uomo non iniziato, che vive nell’ipnosi dei valori del mondo, il tantrismo sostiene l’espansione dello stato ordinario di coscienza verso la conoscenza superiore di una libera percezione della realtà.

Volendo intraprendere la carriera di regista, Gustav Wallas ha realizzato diversi cortometraggi a colori e con un montaggio paratassico. Lavora, il più delle volte, riciclando i suoi materiali per creare la sequenza ideale della “partenza” verso un mondo migliore, seguendo uno dei temi mitici che ha attraversato tutta la cultura romantica prima di sfociare nelle avanguardie storiche, e non solo, soprattutto negli ultimi decenni del Novecento. Nessuno di questi film è veramente finito, il loro corpus complessivo è una specie di work in progress basato su un mix in costante partenza. I materiali utilizzati sono essenzialmente immagini lavorate al computer oltre a brevi sequenze notturne girate per le strade di Parigi o davanti al Palais de Tokyo, di cui ama lo stile art déco, con le sue linee slanciate e i volumi massicci, oltre al portale e scalone che evocano la sacralità di un tempio per iniziati, anche la solennità di una cattedrale.

I suoi film cercano tutti di trasmettere la determinazione di una scelta che si libera dalle costrizioni e dai condizionamenti del mondo materiale. Il disincanto non riesce, ma resta lo slancio della partenza verso una nuova vita, una sorta di stato d’animo utopico motivato da un intenso desiderio di purificazione e alimentato dalla lettura dei testi sacri del buddismo. La fonte principale è senza dubbio il libro Magic Jewel of the Supreme Dharma, conosciuto in Occidente con il titolo The Precious Ornament of Liberation, del maestro Gampopa, detto anche Dhago Lhaje (1079-1153), una delle grandi figure della tradizione .kagyu del buddismo tibetano. Secondo il maestro Gampopa, l’essere umano deve liberarsi dal Samsâra, che è la vita condizionata dai problemi, dalle afflizioni e dalle sofferenze legate a un’esistenza inappagata, ciclica, segnata dalla conflittuale dualità soggetto-oggetto. Questa liberazione, che è il Dharma Supremo, si realizza attraverso la rinuncia e la conoscenza che permette di raggiungere il mondo del “senza forma”, cioè il Nirvana come puro vuoto, uno stato di luminosa chiarezza privo di illusioni e purificato dal male -essendo.

Gustav Wallas mescola, nei suoi film, fantascienza, cultura esoterica e mitologia del viaggio attraverso le galassie. La sua ricerca, alimentata dallo spiritualismo tantrico, aspira alla scoperta dell’ignoto. Così lo vediamo apparire di notte, mentre tenta di accedere al tempio, ovvero al Museo d’Arte Moderna della Città di Parigi, la cui pesante porta di bronzo rimane ermeticamente chiusa. Poi, diverse figure simboliche si susseguono velocemente sullo schermo, in un continuo scorrere: la fenice, il triangolo divino, l’esplosione di luci aurorali o boreali, sfere planetarie, astronavi, segni che indicano concetti e luoghi mitici, come il “malvagio”. impero” e il “vecchio castello”, la segnaletica della pista di un aeroporto vista dall’aereo che si allontana dopo aver lasciato il suolo, anche il volto satanico e necromorfo con occhi fosforescenti di Gyen che, secondo il maestro Gampopa, è la personificazione del male concretizzata dal “mondo condizionante” che distorce la vita dell’essere umano, ecc. La stella esagonale risultante da due triangoli equilateri, uno capovolto sull’altro, risulta in una struttura volumetrica, simmetrica e complessa, che ricorda sia i simboli della Rosacroce, sia i poliedri disegnati da Leonardo per l’opera Dalla Divina Proportione del monaco matematico Luca Pacioli. La cultura celtica è assunta dal riferimento alla mitica isola di Avalon, vero e proprio santuario del culto spirituale della Luce, dove, secondo la leggenda arturiana, vissero l’Alta Sacerdotessa Viviane, la Signora del Lago, Merlino l’Incantatore, Re Artù e la Fata Morgana. Nei film di Gustav Wallas, le finestre visive successive si aprono sempre al centro dello schermo il cui contenuto visivo, a volte con raddoppio speculare, è costantemente simmetrico. Ad intermittenza, l’immagine viene improvvisamente alterata da un regolare movimento anamorfico, cerchi concentrici che ne rivelano la natura effimera di semplice riflesso su una distesa d’acqua perché, sempre secondo il buddismo del maestro Gampopa, le apparenze del mondo non sono solo illusioni dietro il quale si svolgono più questioni mistiche. La colonna sonora combina i rumori delle navicelle spaziali, il suono della chitarra elettrica e la voce umana filtrata da strumenti tecnologici ed enfatizzata dalla sua origine dallo spazio. Parte della ricerca condotta per questi film sono anche i disegni di enormi Pack Boats e altre astronavi dalla forma fantastica che si muovono nel cielo sopra le montagne innevate del Tibet. Notevoli anche le immagini in cui Gustav Wallas si raffigura, come artista, come una creatura alata che testimonia le promesse di una nuova era dell’umanità.

Gustav Wallas, che crede che la musica sia ciò che dà energia all’esistenza e dà vita a un altrove, ha dipinto ad olio, all’inizio del 2013, il dipinto intitolato The Group, un’opera di transizione che mostra un’orchestra di quattro musicisti, personaggi la cui immagine monocromatica è già apparsa nel suo film. Questi sono rocker arenati su qualche spiaggia o un’isola persa nel mare, con tutta la loro attrezzatura tecnologica, altoparlanti, sintonizzatori, batterie, cavi e altre tastiere. Il tutto è trattato in colori cangianti, blu e rosa incrociati con l’oro. Questi rocker sono uomini molto giovani, snelli efebi con capelli abbondanti e un aspetto androgino. Il loro atteggiamento pensieroso, la nebbia azzurrognola e onirica che li circonda, il tempo come sospeso, conferiscono loro una dimensione sia romantica che angelica. Attraverso un processo di idealizzazione e di assimilazione degli angeli agli astronauti moderni, questi adolescenti diventeranno, nelle opere di Gustav Wallas, degli angeli-astronauti. Li renderà i protagonisti di un viaggio spirituale e cosmico, anche le incarnazioni dei cinque elementi dell’universo secondo la cosmologia cinese. Dopo questo lavoro di transizione, Gustav Wallas abbandonò la pittura a olio e preferì utilizzare mezzi leggeri come la matita per disegnare e l’acquerello per il colore, escludendo così una forte presenza materica dall’opera. Si attiene anche, quasi sempre, al formato quadrato che immobilizza lo sguardo e invita ad un atteggiamento di contemplazione. Il suo approccio idealizzante si basa su allegorie concepite come tante visioni evocative di un mondo futuro.

Il pensiero tradizionale cinese nutrito dal taoismo e dal buddismo, che lo interessa maggiormente, in particolare la catena di corrispondenze tra il macrocosmo della natura e il microcosmo dell’essere umano, ispira altre tre sue opere. Il primo, Mer et Ciel de Chine, si presenta come un fittissimo groviglio di spuma o nuvole screziate attraversato da una serie di bagliori dalle delicate gradazioni, che vanno dal rosa all’arancio o, in una fascia più fredda, dal verde al viola. Questa densità funge da schermo contro una realtà nascosta, di ordine soprannaturale o spirituale, che si manifesta nel dinamismo dei fulmini le cui frecce trafiggono il manto nebbioso. Un’altra versione di Mer et Ciel de Chine unisce elementi del paesaggio in un ritmo che gioca sulla ripetizione differenziata e su una gamma di colori che vanno dal blu-verde al viola violaceo: movimenti delle onde, schiuma o nuvole lanose, cime delle montagne trattate in modo lineare come strati minerali che emergono dalla nebbia. Lo svelamento dell’analogia macrocosmo-microcosmo avviene con la terza opera. Intitolato Thought Complex, è solo l’ingrandimento di un dettaglio del precedente. Le convoluzioni e le volute ad incastro degli elementi naturali diventano così quelle del cervello e dell’attività cerebrale. La stessa immagine appare quindi come una cartografia psichica. Gustav Wallas passa poi ad elementi simbolici o concreti per realizzare composizioni astratte concepite sulla pianta, prive di matericità, profondità prospettica ed elementi narrativi. In Musique, ad esempio, accumula, in un disordine entropico, i segni delle note e il fascio lineare del pentagramma per scrivere gli spartiti musicali. Con la stessa saturazione testurologica accosta caoticamente, in Vele, gli alberi di più barche con le vele spiegate e gonfiate dal vento. Sottilmente foderate, le vele sono così tanti schermi che lasciano filtrare la luce blu del cielo. Evoca così il potere della musica come forma senza materia, secondo la famosa definizione di Schopenhauer, e il ruolo della luce come flusso immateriale che legittima la presenza della forza spirituale. Privilegiando, invece, un tema dell’arte religiosa, Angel’s Way segna il ritorno di Gustav Wallas al sincretismo spirituale. Presenta la cupola come via di ascesa al mondo celeste, tema iconografico di cui si trovano molti esempi celebri nelle chiese barocche in Italia, opere di Baciccia, Correggio, Solimena o Lanfranco. Di recente, questo stesso tema iconografico è stato trattato dall’artista cinese Lijun Fang, che ha dipinto l’interno di una cupola di nuvole con bambini in volo, colti nella loro ascesa verso l’alto. Gustav Wallas disegna una cupola architettonica a cassettoni in visione coassiale, esaltando così il punto di fuga e lo sbalordimento prospettico. Il titolo del dipinto è però ambiguo perché non permette di capire se si tratti di una veduta dall’alto o dal basso, come potrebbe indicare la posizione a testa in giù delle figure alate. Queste figure alate simboleggiavano, nell’antico Egitto, lo spirito che lascia il corpo post mortem, quindi le anime che vanno dalla Terra al cielo. Le figure angeliche di Gustav Wallas sembrano piuttosto andare dal cielo alla Terra. Sono quindi i messaggeri di una trascendenza spirituale, l’eros della vita primordiale che, secondo il tantrismo, assicura l’equilibrio delle energie individuali attraverso il loro collegamento con le forze universali. Al simbolismo architettonico si aggiunge il simbolismo del colore. L’opera si svolge in una morbida e delicata gamma di azzurri, che va dal ceruleo al viola, con qualche tocco di carminio e oro sui motivi che scandiscono la struttura architettonica ribassata, o rialzata, della cupola. Il blu, la cui irradiazione corrisponde alla lunghezza d’onda più corta, è infatti il ​​colore dell’inizio della luce. Troviamo questa stessa miscela di rituale religioso, simbolismo architettonico, spirito gotico, filosofia orientale e viaggi nello spazio in Regards du Yin et du Yang sur le ciel, che affronta il tema del tempio come vaso mistico. Lo spazio sacro comprende la scala iniziatica, gli archi ogivali sorretti dalla simbolica foresta di pilastri, triangoli curvilinei in volo che rimandano al flusso spirituale, e i guardiani del tempio, due efebi vestiti da astronauti. Incarnano i due principi complementari di Yin e Yang che formano la totalità cosmica. L’immagine è fortemente geometrica per inversione speculare, i colori tendono al diafano. Convinto che l’evoluzione spirituale dell’umanità non può che integrare tutte le religioni e culminare nella conquista dello spazio siderale, Gustav Wallas adatta così la filosofia cinese ai simboli spirituali più rappresentativi della tradizione religiosa occidentale. Abbandona quindi ogni riferimento al religioso ne I Cinque Elementi, dove affronta il Wuxing, ovvero la classificazione pentariana dei fenomeni dinamici della materia, il concetto filosofico della cosmologia cinese che sta alla base delle categorie complementari di Yin e Yang e di loro rapporto dialettico. Formulando un’interpretazione allegorica e antropomorfa di questi cinque elementi cosmologici: legno, acqua, metallo, fuoco, terra, Gustav Wallas dipinge cinque efebi il cui gruppo forma una sorta di piramide. Ognuno di loro adotta la stessa postura, seduto in un atteggiamento un po’ meditativo con le mani sulle ginocchia. Il loro sguardo è assente perché rivolto verso l’interno. Le loro gambe, invece di incrociarsi come nella classica postura del Buddha, sono aperte e piegate in modo asimmetrico e non ortodosso. Come i Bodhisattva, sono spersonalizzati dall’identico viso e costume: una tunica attillata con colletto rialzato, un casco da astronauta, stivali a spillo estremamente appuntiti che danno un aspetto manierista alla loro silhouette. Sono impostati su uno sfondo geometrico astratto in cui possiamo distinguere motivi circolari e stellari la cui espansione lineare allude ai flussi spirituali che attraversano l’universo. L’assenza di forza gravitazionale, i bagliori rossi che emanano dalle mani delle figure, le stelle ei pianeti che punteggiano lo spazio circostante creano una connotazione che è insieme spirituale e siderale. Lo stesso approccio è ripreso in L’Instant d’intelligence, dove tutto sembra identico in termini di colori – blu turchese e oro invecchiato – e in termini di elementi che strutturano la composizione, ma dove la disposizione di questi produce una maggiore dinamismo. . Infatti, la manifestazione dell’intelligenza è lì simboleggiata da forme triangolari che, simili alle ali di un deltaplano, svolazzano attorno agli efebi. Il loro volo produce aerei disegnati a scacchiera, che materializzano sia la mente razionale che la germinazione dell’idea. Il funzionamento dell’universo mediante la dinamica generatrice delle cinque sostanze materiali implica quindi la generazione dell’immateriale, cioè la manifestazione dell’intelligenza e dei fenomeni dello spirito. In Dragons, Gustave Wallas dipinge le volute serpentine di tre draghi che attraversano uno spazio stellato dove appare un pianeta inanellato, probabilmente Saturno. Introduce così nella sua opera un tema favoloso della mitologia asiatica: il drago cinese che troviamo declinato in vari aspetti nelle diverse culture dell’Asia orientale. È un animale colossale che svolge un ruolo benefico come incarnazione dello yang, vale a dire il sole, il calore, il maschile, il positivo e lo spirito di fecondità dell’universo, associato alla pioggia che alimenta i raccolti e gli armenti. Le sue forme richiamano un miscuglio di specie animali tra cui il corpo del serpente, le zampe della tigre e la testa del coccodrillo. Essendo il drago un animale chimerico con una forza vitale molto potente, i colori caldi, giallo dorato e arancione, sono molto presenti e si diffondono persino nel cosmo bluastro sullo sfondo dove si trovano stelle e pianeti arancioni. La serie prosegue con Woman think dove Gustav Wallas unisce il tema dell’efebo e quello del drago. L’efebo, che questa volta incarna il principio femminile che agisce nell’universo, è nella solita posizione di concentrazione o meditazione, con gli occhi chiusi. Sormontata da un drago, la figura è sola, immersa nello spazio celeste e permeata dagli schemi circolari dei fluidi spirituali. Poi la serie si conclude con Le due sorelle, dove i due personaggi, vestiti con un abito da astronauta rosso violaceo, sembrano compiere il passo di danza di un rituale. Vi troviamo lo spazio del tempio con la scala iniziatica, l’arco a forma di testata e i bracieri la cui fiamma simboleggia l’ardore spirituale. Gustav Wallas torna quindi alla mitologia dell’odissea nello spazio. Con Spaceship il tema del viaggio nello spazio siderale viene declinato in chiave fantascientifica, in una dimensione utopica. L’immagine dell’astronave non è tecnologica, ma si basa sulla mitica proiezione di un futuro prossimo in cui i viaggi collettivi collegheranno le folle del cosmo. Sottili variazioni tonali in blu rendono l’immagine quasi monocromatica.

Verso la fine del 2013 Gustav Wallas realizza, sempre con la tecnica dell’acquarello e della matita, l’opera Astronomie, che inaugura un’altra fase del suo lavoro. Sullo sfondo di un cielo trattato come un meccanismo a orologeria, con ruote dentate e alberi di trasmissione, un adolescente tende il braccio destro. La sua mano con l’indice allargato evoca il gesto della creazione divina. Allo stesso tempo, brandisce fulmini come faceva Zeus nell’antica mitologia greca. L’anno successivo, Gustav Wallas riprende lo stesso tema in Mouvement d’étoiles, ma rimuove il personaggio dell’efebo. Questa antichissima concezione meccanica del cielo, immutabile e perfetta come un orologio, che risale alla Grecia classica, più probabilmente alla civiltà assiro-babilonese, fu il risultato dell’osservazione astronomica. Il movimento delle stelle, le rivoluzioni e le rotazioni dei pianeti sembravano stabili poiché la grande macchina cosmica sembrava tornare regolarmente nella stessa posizione di partenza. Oggi, sulla base della teoria del Big Bang, sappiamo che l’universo ha subito profondi cambiamenti nella sua struttura, che il rapporto tra massa ed energia lo rende variabile e che, anche in tempi abbastanza brevi, i movimenti ciclici dei corpi celesti non sono né chiusi né regolari perché non ritornano esattamente nella loro posizione iniziale. L’idea dell’universo come ingranaggio meccanico conserva piuttosto un valore mitico e utopico, come lievito dell’immaginazione panteistica, spirituale e religiosa. È proprio a questa visione che si deve la concezione del Creatore come il Grande Architetto dell’Universo ricorrente nelle religioni, nel pensiero esoterico e nella Massoneria. D’altra parte, nuove allusioni alle leggende del ciclo di Re Artù, in particolare al Libro di Caradoc, compaiono in altre opere, come in Lune au matin, dipinta in una gamma di blu, viola cobalto e giallo indiano, o in Devant le lake, dove prevale il blu turchese. Gustav Wallas ha fatto sua la formula di Hegel: “Ogni coscienza persegue la morte dell’altra”. Di qui la sua utopia di un’umanità liberata da ogni individualismo, da ogni supremazia del Sé fondata sulla schiavitù dell’altro. La sua costante preoccupazione per la simmetria e la ripetizione, come la definizione di ogni dettaglio dell’immagine, mira ad escludere ogni dimensione eroica della figura umana, ogni celebrazione dell’individualità. Il carattere seriale dei suoi efebi androgini, che sembrano usciti da un fumetto di Alexandro Jodorowsky, impedisce qualsiasi meccanismo di trasferimento o identificazione. Persegue così, attraverso i suoi effetti speculari, tanto la deindividuazione quanto la depsicologizzazione, che è un modo per andare oltre l’uomo autoreferenziale e razionale su cui si basa tutta la civiltà occidentale. Nelle sue immagini delicate, la densità del contenuto figurativo è sempre data dalla moltiplicazione, dalla simmetria speculare e dalla ripetizione. Davanti alle sue opere, dove spesso regna il cielo stellato, lo spettatore si confronta con una sorta di mise en abyme, con un ritmo che rarefa la materia del mondo, facendolo passare dal suo stato fisico a uno spirituale. Seguace di una spiritualità naturale il cui sincretismo è conforme all’insegnamento tantrico, Gustav Wallas trova i suoi punti di riferimento nei nuovi media tecnologici, cibernetica, fantascienza, fumetti, miti e leggende delle origini, infine il pensiero spirituale delle grandi tradizioni dell’Asia orientale che invitano noi ad abolire il dualismo stabilito dall’idea del soggetto e a considerare i limiti fisici del corpo individuale come una prigione da cui dobbiamo evadere. Il mondo reale è solo un guscio, tutte le religioni tendono al livello più alto di un altrove spirituale che è assoluto. La virtualità del viaggio interplanetario alimenta questa utopia del prossimo avvento dell’alterità totale: il mondo del futuro, non più dominato dall’uomo ma piuttosto da reti integrate, un mondo dove la presenza umana sarà subordinata a forze spirituali e cosmiche che trascendono ogni cosa individualità. Così liberato dal Sé e abitato dalle forze dell’universo, l’uomo rigenerato non sarà altro che un centro di energia spirituale. Questa è l’utopia che Gustav Wallas vuole mettere in immagini nel suo lavoro.

Giovanni Lista

cariatides,huile-sur-toile,triptyque,146x342cm

Cariatides, huile sur toile, triptyque, 146x342 cm

Regata,huilesurtoile,triptyque,195x390cm

Regata,huile sur toile, triptyque, 195x390 cm

Yatching,huilesurtoile,triptyque,146x342cm

Yatching, huile sur toile, triptyque, 146x342 cm

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